Un’app per seguire gli spostamenti? Anche no.

Mappa - grazie a pixel2013 da pixabay

Non è nuova l’ipotesi che la cosiddetta fase 2 della gestione dell’emergenza COVID-19 preveda l’obbligo per chi intende uscire di casa dell’utilizzo di un’applicazione che tracci, registri e comunichi alle autorità i nostri spostamenti. Non amo scrivere articoli che trattino argomenti politici ma, com’è accaduto in qualche rara occasione, vorrei esprimere il mio personale parere su questo tema in cui s’intrecciano politica, tecnologia e protezione del diritto alla riservatezza.

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Proviamo ReactOS 0.4.13

La nuova versione di ReactOS, clone libero di Windows in sviluppo, è uscita il 10 aprile 2020, a poco più di 6 mesi dall’ultima versione. Si tratta ancora di una versione alpha, quindi non pronta all’utilizzo quotidiano. Il progetto, tuttavia, ha guadagnato col tempo usabilità e stabilità, dunque possiamo aspettarci la compatibilità con un certo numero di programmi ai quali siamo abituati. Di seguito i risultati della mia prova, ma prima un riassunto delle novità di questa versione, secondo l’annuncio ufficiale.

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Dovremmo preoccuparci del collasso della rete Internet?

Immagine da Pete Linforth da Pixabay

In questi giorni gira una falsa notizia per cui i gestori di rete starebbero chiedendo di ridurre il traffico sulla rete, evitando di diffondere video non strettamente necessari. BUTAC ha già spiegato bene che non dovremmo preoccuparci eccessivamente di questa eventualità, ma mi ha dato l’ispirazione per un articolo un po’ più tecnico per chi fosse curioso di saperne di più. Credo che conoscere un argomento meglio di come lo esponga una catena allarmista su Whatsapp possa servire a non preoccuparsi e a non cadere preda di bufale e disinformazione.

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Contribuire alla ricerca sul Coronavirus senza sforzi

Tutti, in un modo nell’altro, stiamo contribuendo a combattere questa pandemia, chi in prima linea occupandosi dei malati, chi donando qualche soldo al pronto soccorso e chi semplicemente rimanendo in casa per evitare nuovi casi. Credo che in molti di noi resti comunque la voglia di fare di più e posso proporvi un modo che non vi esporrà ad alcun rischio e a nessuna fatica.

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Navigazione Web: come nascondere le impronte digitali

Immagine di TheDigitalWay da Pixabay

Si sa, ormai Internet è un grosso mercato in cui tutti i venditori urlano per cercare di strappare i clienti alla concorrenza e la sfida non è più quella di offrire prodotti migliori, quanto quella di mostrare l’inserzione giusta ai potenziali acquirenti giusti. Una volta, questo si faceva coi cookie, ma il loro abuso e la conseguente legge europea che ha imposto quel fastidioso messaggio su praticamente tutti i siti ha posto un freno al loro impiego. Ma possono le agenzie pubblicitarie rinunciare a schedarci e rassegnarsi a campagne meno aggressive? Figuriamoci. Così, è nato un modo più furbo ed efficace per tracciare la navigazione degli utenti: i cosiddetti Fingerprint – impronte digitali.

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PhonenixOs e PrimeOS: Android su PC

Android è un sistema operativo molto moderno, che ha raccolto alcune sfide che per anni ed anni sono state teorizzate nei libri d’informatica, prima fra queste la virtualizzazione dell’ambiente su cui gira ogni applicazione, in modo da porre limiti molto rigidi ai malfunzionamenti che queste possono creare in caso di problemi o di cattive intenzioni.
Il successo di questo sistema ha inoltre portato molte case produttrici a distribuire programmi per cellulari e non per il computer. È il caso per esempio di Whatsapp, diffusissimo programma di messaggistica, i cui utenti che vogliono connettersi da computer devono accontentarsi di un client web. Viene dunque lecito domandarsi se non si possa installare questo sistema anche sul computer di casa.

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INPS, troll ed ignoranza informatica

Particolare della pagina Facebook dell’INPS

La notizia delle risposte irriverenti sulla pagina Facebook dell’INPS ai quesiti sul reddito di cittadinanza è di qualche giorno fa e, finita la curiosità per il fenomeno, è ormai già vecchia e archiviata. Queste sono le tempistiche del web, ove tutto è presto dimenticato e nulla cambia. Ma forse qualche parolina è il caso di spenderla.
Non solo per la notizia del ricovero della sventurata addetta alle risposte per non aver retto allo stress. Per chi ha lavorato in una qualsiasi assistenza clienti, la durezza del lavoro non è una novità e i gravi cedimenti nervosi di chi sta dietro le quinte dell’immondezzaio delle reti sociali sono una delle tante notizie archiviate. E nemmeno per il dibattito sull’educazione o per qualche polemica successiva per cui non sta bene ridere di qualcuno meno esperto e forse meno fortunato mentre si trova in difficoltà – visione che condivido in parte. Solo in parte, perché ho visto palesi casi di pigrizia nel seguire le istruzioni e di fronte all’ignoranza volontaria non provo molta pietà.
La cosa che meriterebbe più attenzione di quella effettivamente avuta è la gestione dell’assistenza su qualcosa di così delicato affidata ad una persona costretta a lavorare con una piattaforma non adatta allo scopo, qual è Facebook

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Google+ ha le ore contate.. e non mancherà a nessuno

Il fatto che nonostante Google l’abbia annunciato da qualche mese e testate molto conosciute e lette come Wired ne abbiano parlato non se ne discuta molto è un indice di quanto poco gli utenti si siano affezionati alla rete sociale di Google. Io stesso che quasi due anni fa diedi l’addio a Indoona senza celare il dispiacere per la sua prematura dipartita, non ho fatto una piega alla notizia.

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I pericoli della democrazia diretta elettronica

S’avvicinano le elezioni e, come sempre in campagna elettorale, si sentono tante proposte. Questo blog non tratta di politica ma, viceversa, c’è un argomento informatico che viene trattato sempre più spesso dai nostri candidati.
Quest’argomento è la democrazia diretta elettronica, cioè la possibilità di votare su Internet le proposte per la propria città, regione o nazione, ma anche di estendere questo meccanismo alle elezioni amministrative, referendum, ecc. La proposta è ovviamente allettante, ma temo sfortunatamente che molti dei suoi promotori non sappiano assolutamente niente su come funziona una rete o anche solo il tablet che tengono fra le mani. Se così fosse, andrebbero molto più cauti, a meno che non facciano finta di nulla, il che sarebbe più grave. Vorrei spiegare brevemente e con un linguaggio più semplice possibile per quali ragioni questa proposta andrebbe abbandonata o per lo meno ridimensionata e relegata a questioni minori.
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Wikipedia nelle lingue regionali italiane

Wikipedia in lingua sardaSe era prevedibile che un progetto col successo di Wikipedia avrebbe presto avuto una sua versione in tutte le lingue nazionali e persino in latino, esperanto ed inglese antico, più difficile era immaginare la comparsa di pagine nei dialetti e nelle lingue regionali italiane.
Non vi è dubbio che negli ultimi anni si respiri un rinnovato interesse per le particolarità regionali, fino a poco tempo fa trattate come un retaggio indegno dei progressi culturali e della globalizzazione. Continua a leggere