Dovremmo preoccuparci del collasso della rete Internet?

Immagine da Pete Linforth da Pixabay

In questi giorni gira una falsa notizia per cui i gestori di rete starebbero chiedendo di ridurre il traffico sulla rete, evitando di diffondere video non strettamente necessari. BUTAC ha già spiegato bene che non dovremmo preoccuparci eccessivamente di questa eventualità, ma mi ha dato l’ispirazione per un articolo un po’ più tecnico per chi fosse curioso di saperne di più. Credo che conoscere un argomento meglio di come lo esponga una catena allarmista su Whatsapp possa servire a non preoccuparsi e a non cadere preda di bufale e disinformazione.

Un’informazione che vi rassicurerà è quella che Internet è nato negli Stati Uniti in piena guerra fredda come sistema di comunicazione capace di resistere ad un eventuale bombardamento atomico sovietico. L’idea di base è molto semplice. Ogni informazione che passa su Internet è composta da una sequenza di bit (segnali digitali) che devono arrivare da un elaboratore A (che può essere il computer di casa, il cellulare, ecc) ad un elaboratore B (che può essere questo blog o il telefono dell’amico con cui stiamo chattando) e viceversa. Il sistema più veloce per trasportarlo sarebbe quello di far passare un filo come quello del telefono da A a B e trasferire l’intera sequenza. Sfortunatamente, se il filo s’interrompesse non potremmo più comunicare e se qualcun altro volesse usarlo dovremmo stabilire dei turni. Decisamente inefficiente. Così, la sequenza di bit da trasferire, che può essere un messaggio, una videochiamata o una simpatica GIF, viene spezzettata in tante unità chiamate pacchetti. Questi pacchetti vengono trasferiti da A a B attraverso una serie di nodi intermedi, chiamati instradatori o router. Questi apparecchi sono dislocati sul territorio nazionale ed internazionale ed interconnessi in modo che i pacchetti possano seguire diverse strade per arrivare a destinazione. Il tutto è riassunto nell’immagine.

Uno schema della rete Internet. A può essere un qualsiasi computer o telefono connesso ad Internet (od anche una rete locale). B può essere un altro computer privato o un grande server, come quello di Youtube.

Se per esempio A siamo noi e B è il server di Youtube dal quale stiamo ricevendo un video, il nostro percorso per raggiungerlo potrebbe essere 1-2-3-4-7 o 1-5-6-7 o persino 1-2-3-5-9-11-7. Alcuni di questi percorsi possono essere predefiniti, ma ci sono protocolli che consentono agli instradatori di studiare autonomamente la rete ed instradare un pacchetto a seconda di vari fattori, come la via più rapida, il costo della connessione, il traffico, guasti, ecc. Pacchetti diversi possono seguire percorsi diversi ed arrivare sparpagliati. B sarà in grado di rimetterli in ordine. Una rete fatta così è molto robusta, perché un evento che mettesse fuori uso tanti instradatori da interrompere il percorso da A a B è poco probabile.

La domanda è: questa rete a prova di bomba atomica, progettata quando le linee erano lente ed i dati da trasferire pochi può reggere il traffico di un mondo che si è fermato e guarda dei film in streaming per passare il tempo? Scopriamolo.
I fattori che possono mettere maggiormente in difficoltà la rete in questi giorni sono due: le risorse dei server che devono rispondere alle nostre richieste ed il numero enorme di pacchetti da trasferire.

La questione dei server è quella che al momento ci interessa meno, ma è utile fare un cenno. Immaginiamo che qualcuno pubblichi su Dailymotion un video interessantissimo, talmente interessante che tutta Europa decidesse di guardarlo nello stesso momento, magari la ricetta dei falafel del millennio. I Server di Dailymotion dovrebbero spedire il video a milioni di persone contemporaneamente, finendo inevitabilmente per consumare tutte le risorse a propria disposizione. Ciascuna connessione sarebbe così lenta da lasciare noi tutti con un messaggio d’errore sul browser e senza ricetta. Forse qualcuno di voi ha notato che in questi giorni alcuni servizi di film in streaming sono più lenti del solito. Questa potrebbe essere una delle cause. In casi estremi, i server si vedono costretti a rifiutare le connessioni per non andare in tilt. È una condizione nota come negazione del servizio o DoS (Denial of Service). La soluzione non è facile e mette in crisi anche i sistemisti più bravi. Le grosse aziende hanno tanti server dislocati in giro per il mondo, in modo da bilanciare le richieste. Questo ha anche l’effetto benefico di evitare trasferimenti di pacchetti su lunghe distanze, caricando meno instradatori per una singola connessione. Ad ogni modo, se anche un servizio dovesse essere temporaneamente non disponibile, potremmo consolarci con molti altri.

La capacità della rete di trasferire la grande mole costituita da film, immagini, testo, audio, video e file di varia natura è la cosa più interessante.
Quando ad un instradatore giungono più pacchetti di quelli che può inoltrare, è l’inizio di una congestione della rete. Ogni instradatore ha una certa quantità di memoria, detta buffer, in cui può memorizzare temporaneamente i pacchetti. Ma se non ha la possibilità di smaltirli alla svelta, eventualmente inoltrandoli su percorsi diversi, può verificarsi un ritardo eccessivo nella consegna. In questo caso, l’elaboratore destinatario potrebbe richiedere un nuovo invio o il mittente, non ricevendo la conferma di avvenuta consegna, potrebbe inviare i pacchetti una seconda volta, alimentando il problema. Così i pacchetti diventerebbero così tanti da riempire il buffer causandone il rifiuto da parte degli instradatori. Le sorgenti continuerebbero a ritentare l’invio e ogni pacchetto in circolazione finirebbe per non essere consegnato in tempo: è il collasso da congestione. È tecnicamente possibile, benché poco probabile, che questo avvenga in cascata, con la congestione progressiva dei vari percorsi alternativi.
Ma perché dovrebbe accadere una cosa del genere?
Le compagnie promettono velocità elevate, ma contano sul fatto che non tutti i clienti utilizzano la rete al 100% della sua capacità di continuo. Di fatto nessuna rete esistente reggerebbe ad un tale traffico. Piccole congestioni sono normali, ma in questi giorni di isolamento in cui tutti guardano film e fanno videochiamate per sentirsi meno soli, le cose sono diverse. Piccola nota storica: in Italia è già avvenuto, alle soglie degli anni 2010, che il traffico sulla rete mobile abbia causato un alto livello di congestione, proprio perché le compagnie telefoniche offrivano tariffe sin troppo convenienti rispetto alle reali capacità delle infrastrutture.

Ma un collasso della rete è una cosa così grave? Se dovesse succedere dovremmo dire l’addio ad Internet per sempre?
Tranquilli, la risposta è no. Non vedremmo esplodere gli armadi delle compagnie telefoniche in strada e la società civile non si troverebbe catapultata all’improvviso in uno stato primitivo e di barbarie.
Persino uno stato di collasso totale sarebbe reversibile in qualche ora, con un alleggerimento temporaneo forzato del traffico ed un progressivo ristabilimento di tutti i servizi di rete, partendo da quelli essenziali.
Una tecnica che i gestori di rete potrebbero applicare, per esempio, è la riduzione temporanea della velocità a disposizione degli utenti, creando un collo di bottiglia. Avremmo tutti per qualche ora la rete più lenta, il che ci scoraggerebbe dall’utilizzarla per le applicazioni più pesanti, riducendo drasticamente il numero di pacchetti da trasferire.
In casi più estremi, alcuni servizi, come lo streaming video, potrebbero essere temporaneamente bloccati per dare respiro alla rete. Chi ha viaggiato su dei FlixBus sa già che questo si può fare senza troppe difficoltà.

Quanto alla prevenzione di una simile eventualità, alcuni servizi come Netflix hanno già dichiarato che invieranno i video con una qualità leggermente inferiore per ridurre il traffico. In questo contesto, la recente politica di Youtube di fermare la riproduzione quando l’utente è inattivo per un po’ non è solo un’idea fastidiosa, ma un notevole risparmio di banda. Alcune applicazioni poi, sono capaci di rilevare la velocità della rete (e dunque potenziali congestioni) e regolare la trasmissione di conseguenza. Avrete sicuramente notato che se fate una chiamata Skype dal telefono su una connessione 3G o 4G la qualità video cambia se vi trovate in una zona con meno campo per poi migliorare quando vi spostate. Questo compromesso evita che il video si blocchi del tutto per l’incapacità della rete di reggere il traffico.

Possiamo stare tranquilli, quindi, ma anche noi in questi giorni possiamo adottare piccoli accorgimenti che evitino alla rete di sovraccaricarsi:

  1. Scegliere una qualità video più bassa, soprattutto su piccoli schermi, in cui non noteremmo la differenza.
  2. Evitare di scaricare file di grosse dimensioni a meno che non sia davvero necessario, specie nelle ore di traffico più intenso.
  3. Non riscaricare file per pigrizia: se li abbiamo in un altro dispositivo, usiamo una chiavetta USB o il Bluetooth per trasferirli.
  4. Preferire le ore notturne o del primo mattino per scaricare gli aggiornamenti.
  5. Essere pazienti: se un sito è troppo lento premere mille volte F5 non aiuta (anzi, peggiora la situazione). Riproviamo più tardi.
  6. Evitare i messaggi audio e video quando possiamo inviare un messaggio di testo.
  7. Ridurre gli allegati prima di inviarli per posta elettronica. Nella maggior parte dei casi, basta zipparli (su Windows, creare una cartella compressa).
  8. Ascoltare la musica da CD, LP o dagli MP3 salvati sui nostri dispositivi anziché su Youtube o Spotify. Vale lo stesso per i film se li abbiamo in DVD, BluRay o salvati su PC.
  9. Leggere un libro! Non è necessario stare connessi ad internet per passare il tempo e la lettura è un’attività più rilassante.

È tutto. Cerchiamo di passare queste settimane di isolamento forzato senza eccessive preoccupazioni!

AGGIORNAMENTO 29/03/2020: da una recente intervista a Renato Soru, fondatore di Tiscali, si evince che il traffico è aumentato fino a picchi del 200%, ma anche grazie a tempestivi aggiornamenti dell’hardware di rete, si è evitato che questo diventasse un grave problema.

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