Un’app per seguire gli spostamenti? Anche no.

Mappa - grazie a pixel2013 da pixabay

Non è nuova l’ipotesi che la cosiddetta fase 2 della gestione dell’emergenza COVID-19 preveda l’obbligo per chi intende uscire di casa dell’utilizzo di un’applicazione che tracci, registri e comunichi alle autorità i nostri spostamenti. Non amo scrivere articoli che trattino argomenti politici ma, com’è accaduto in qualche rara occasione, vorrei esprimere il mio personale parere su questo tema in cui s’intrecciano politica, tecnologia e protezione del diritto alla riservatezza.

ATTENZIONE: l’articolo ha preceduto l’annuncio della scelta dell’applicazione da parte del governo. Sono presenti alcuni aggiornamenti in fondo.

Prendo spunto dall’aver appreso che Andrea Scanzi, in una delle sue dirette giornaliere, ha dato del coglione a chiunque sia contrario a questa ipotesi, con la motivazione che tanto siamo già tutti tracciati, fatto in parte vero, specie se si è assidui frequentatori di reti sociali o utilizzatori di dispositivi-spia come Alexa.

Prendo atto dell’insulto del giornalista, col quale peraltro mi sono trovato d’accordo in altre occasioni, ma vorrei articolare la mia riflessione in modo più costruttivo. Elenco di seguito le mie perplessità:

  1. Davvero dovremmo buttar via risorse che potrebbero aiutare la sanità e l’economia a riprendersi per pagare e mantenere un’applicazione spia?
  2. Come si verificherà il rispetto della distanza di sicurezza? Dal momento che dubito che ci sarà mai abbastanza personale da monitorare 24 ore su 24 qualsiasi spostamento su uno schermo, immagino che questo venga fatto via software, con tutti i prevedibili bug del caso, specie agli inizi. Non conosco in tutta onestà l’approssimazione del sistema GPS, ma so per certo che in alcune città e su alcuni dispositivi funziona piuttosto male. Temo che ci ritroveremo facilmente a ricevere multe per il semplice fatto di esserci trovati per qualche secondo accanto a qualche sconosciuto di cui non ci eravamo nemmeno accorti o, peggio, per un errore di calcolo della posizione.
  3. Non è vero che siamo tutti già spiati e che quindi non fa differenza. C’è chi non usa Facebook, non usa Alexa, accede a internet tramite VPN e magari non ha sempre il telefono in mano. E non perché abbia qualcosa da nascondere, ma semplicemente perché se abbiamo le tende alle finestre e denunciamo per atti persecutori (stalking) chi ci segue insistentemente negli spostamenti c’è una ragione.
  4. Non esiste alcuna prova che questa misura sia efficace. È vero che la Corea si sta lasciando l’emergenza alle spalle, ma anche la Germania, dove non esiste niente di simile. Che forse il segreto sia la minore propensione al contatto fisico in tali paesi?
  5. Non esiste, che io sappia, l’obbligo di possedere un cellulare, né tantomeno di possederne uno che supporti la famigerata app. Obbligheremo chi ha un telefonino classico o chi proprio non ce l’ha a stare sepolto in casa? E chi non ha un piano dati, non lo vuole o non può permetterselo perché a causa della quarantena deve contare i centesimi?
  6. Quali diritti si possono sospendere in un caso d’emergenza come questo? In che misura? Per quanto tempo? Chi lo decide? E una volta creato il precedente quali altri casi giustificheranno un provvedimento così grave? Se limitare gli spostamenti al necessario suona ragionevole (ma nemmeno quanto sembra, se consideriamo che c’è chi non è d’accordo e che in alcuni paesi, come la Spagna, la procedura per rinnovare questa misura è più complessa), dover rinunciare essere costantemente osservati rende la situazione ancora più insopportabile.
  7. Ammesso e non concesso che il RGPD e le leggi derivate possano essere sospesi, cosa sarà dell’enorme mole di dati raccolti, una volta finita l’emergenza? Chi avrà il compito di gestirli e cosa potrà farne, senza che noi si possa accettare o declinare col tipico foglio di consenso?
  8. L’INPS ci ha regalato almeno due casi clamorosi negli ultimi anni, quello della sventurata gestione dell’assistenza tramite Facebook e quello del blocco totale del sito web pochi giorni fa in seguito ai troppi accessi (se la memoria non m’inganna, non era nemmeno la prima volta), che hanno mostrato sia l’ignoranza informatica che perdura in Italia, sia la scarsità dei mezzi messi a disposizione dallo stato. Ho i miei dubbi quindi che quest’applicazione verrebbe gestita in modo decente.

Ci troviamo senza ombra di dubbio in mezzo a qualcosa che finora credevamo possibile solo nei film a tema catastrofico ed è importante, a mio parere, non perdere la testa ed il senso della realtà. Anche se chiusi in casa, restiamo individui con dei diritti. Abbiamo già assistito, accanto alla repressione di comportamenti che potevano mettere a rischio la salute di tutti (vedi l’assurda processione Pasquale organizzata da gruppi di estrema destra), anche casi di assurdi accanimenti verso chi si trovava pochi metri fuori dal limite stabilito per accompagnare i propri cani fuori casa, per non parlare di chi non avendo supermercati nelle vicinanze è dovuto uscire dal limite del proprio comune. Di fronte a una situazione del genere e con tutti i miei dubbi, non mi sento affatto tranquillo al pensiero di essere tracciato ovunque vada e personalmente mi opporrò a questa misura quanto potrò, ringraziando anche il fatto di avere un cellulare ormai datato.

AGGIORNAMENTO DEL 17/04/2020: ho letto oggi la notizia dell’inizio della sperimentazione di un’app per il tracciamento dei contagi, ma ben diversa da ciò che era stato prospettato inizialmente: si tratta di un’applicazione dall’uso facoltativo, in linea col RGPD e che non richiede la registrazione della posizione. Meglio di quel che temevo, se le informazioni sono corrette.

AGGIORNAMENTO DEL 20/04/2020: pare che il mio sospiro di sollievo fosse prematuro alla luce di un probabile ricatto a chi non intenda installare volontariamente l’applicazione. Peraltro, benché il mio articolo sia precedente all’annuncio dell’app e presenti alcuni scenari che pare non siano nelle intenzioni (come la multa in caso di rilevamento di assembramenti), cominciano già ad essere sollevati alcuni dubbi su molti aspetti di quest’operazione, fra cui l’effettivo rispetto della riservatezza dei dati.

AGGIORNAMENTO DEL 30/04/2020: nessun ricatto, perché sarebbe una misura anticostituzionale e contraria ai principi delle leggi sulla riservatezza. L’app resta dunque facoltativa. Ognuno decida secondo la propria coscienza, dopo aver ascoltato i pareri a favore e contro e magari dopo aver verificato i dettagli tecnici. Io non mi dilungherò oltre per ora perché c’è già molto materiale in rete. Consiglio gli articoli di Paolo Attivissimo, a partire da questo, in cui sono prospettati scenari interessanti.

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